Carlo Francesco Pollarolo

Aria “Quella man che mi condanna”, da Ariodante

Settecento
Carlo Francesco Pollarolo (Quinzano d'Oglio, 1655 - Venezia, 1723)

Carlo Francesco Pollarolo (Pollaroli, Polaroli) nacque probabilmente a Quinzano d’Oglio intorno al 1655. Si ipotizza che abbia ricevuto i primi insegnamenti musicali dal padre Orazio, organista e compositore di origine lodigiana, e da don Pietro Pelli. Attivo dapprima come organista nella chiesa della Pace di Brescia, nel dicembre del 1676 prese il posto del padre nel ruolo di organista della cattedrale. Entrato in contatto con l’Accademia degli Erranti, nell’agosto del 1678, mise in scena la prima di una lunga serie di partiture operistiche, Venere travestita, di Giovanni Battista Bottalini. Nel 1680, in seguito alle dimissioni di Pelli, ottenne la nomina di maestro di cappella in cattedrale e, l’anno successivo, divenne capo-musico degli Erranti, anche in questo caso dopo la rinuncia di Pelli. Dopo le prime decisive affermazioni operistiche nella città natale verso la metà degli anni Ottanta, al Carnevale del 1686 risale il debutto nel veneziano teatro di S. Angelo con Il demone amante di Matteo Noris. Stabilitosi a Venezia, nel 1690 ottenne l’incarico di secondo organista in S. Marco dove, due anni più tardi, fu nominato vicemaestro di cappella. Ebbe rapporti
epistolari con il gran principe di Toscana Ferdinando de’ Medici, protettore di celebri compositori, e con il maestro di cappella in S. Petronio di Bologna, Giacomo Antonio Perti. Sempre impegnato in nuovi drammi musicali, dal 1696 assunse anche l’incarico di maestro all’Ospedale degli Incurabili di Venezia dove probabilmente musicò un consistente numero di oratori latini e poté coltivare il genere del mottetto solistico. Tra i più ricercati operisti di Venezia, su invito del cardinale Pietro Ottoboni, nel 1710 fu a Roma per musicare il dramma Il Costantino pio, nonché la pastorale L’amor per gelosia. In ogni caso, diverse sue opere vennero create in teatri fuori della città lagunare. In più di quarant’anni, scrisse non meno di novanta drammi per musica, assumendo un posto centrale nella storia del teatro d’opera italiano dell’epoca. Si spense a Venezia il 7 febbraio 1723 ed ebbe sepoltura in S. Maria di Nazareth, agli Scalzi. Per ulteriori approfondimenti si rinvia al Dizionario biografico degli Italiani.

Il dramma per musica in cinque atti Ariodante, su versi di Antonio Salvi, ebbe una straordinaria fortuna, tanto da essere musicato anche da Händel.  Ma l’opera andò in scena per la prima volta a Venezia, sulle scene del Teatro di San Giovanni Grisostomo, nella stagione d’autunno del 1718, con musiche di Carlo Francesco Pollarolo e segnò anche il debutto di due eccezionali stelle del firmamento canoro: Faustina Bordoni e Francesca Cuzzoni.

Ispirata al poema di Ludovico Ariosto (“Omero toscano”), la vicenda ha come protagonista Ginevra, regina di Scozia, ed è ambientata a Edimburgo. La seducente aria “Quella man che mi condanna”, strutturata nella classica forma con “da capo”, viene cantata dalla prima donna nella scena terza del quarto e penultimo atto.

Il libretto originale di Salvi è consultabile in rete nel sito della Biblioteca Braidense.

Scheda a cura di Marco Bizzarini

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L’aria “Quella man che mi condanna”, da Ariodante di Carlo Francesco Pollarolo, è proposta dal soprano Giulia Semenzato con la Kammerorchester Basel (CD Alpha, 2022).

 

Testo della composizione

Quella man che mi condanna,

meno ingiusta e men tiranna,

un mio bacio renderà.

Scrisse, è ver, “la figlia mora”,

ma di re fu mano allora

or di padre tornerà.

Quella man [da capo]

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