Gaspare de Albertis

Missa super “Italia mia”

Cinquecento
Gaspare de Albertis (Padova, 1485 - Bergamo, 1560)

Di Gaspare de Albertis, compositore veneto ma naturalizzato bergamasco, restano oscuri gli estremi cronologici, mentre è nota la città d’origine, Padova, per la specificazione “de Padua” che accompagna il suo nome negli gli atti ufficiali. Si può risalire a una data di nascita approssimativa grazie a un suo ritratto conservato presso la Galleria Carrara in Bergamo, opera di Giuseppe Belli, che lo ritrae in espressione riflessiva intorno all’età di sessant’anni. Ordinato sacerdote, la prima notizia ufficiale del suo operato è proprio come cantore nella basilica di S. Maria Maggiore a Bergamo nel 1502. Nel 1524, in un atto che ne elogia le abilità compositive, gli vengono conferiti, sempre presso la baslica, nuovi importanti incarichi tra cui l’insegnamento del canto polifonico e la composizione di mottetti e messe. Nel 1541 gli fu affidata la costituzione di una scuola di canto fermo e figurato per allievi cantori non necessariamente religiosi: tra i suoi studenti si conta pure il famoso compositore rinascimentale Antonio Scandello.
Tra i manoscritti tuttora conservati nell’Archivio musicale della basilica di S. Maria Maggiore a Bergamo, riscoperti nel 1938 dal musicologo danese K. Jeppesen (primo studioso dell’opera del De Albertis) meritano riferimento la Missa de Sancto Roccho, databile intorno al dicembre 1524, dal carattere votivo in quanto dedicata al santo protettore e liberatore dalla peste che in quell’epoca si era abbattuta violentemente su Bergamo. Nei manoscritti si trovano anche Vox Christi e Turbae per tre “Passioni” diverse, due sul testo di S. Giovanni e una sul testo di S. Matteo. L’importanza di questi brani è considerevole in quanto, secondo Jeppesen, essi costituirebbero la più antica testimonianza di questo genere musicale da parte di un compositore italiano. Inoltre il loro rilievo risiede nel fatto che sono concepite per doppio coro, ove l’alternanza dei due gruppi, che mai cantano simultaneamente, serve a caratterizzare gli interventi: ad esempio le parole di Cristo sono cantate sempre dallo stesso gruppo a 4 voci maschili (Vox Christi), mentre le altre parti (Turbae) sono eseguite dall’altro gruppo corale. Infine de Albertis vide in vita pubblicato il suo primo volume di Messe, con la data Bergamo 16 maggio 1548, che
allo stato attuale delle conoscenze risulta essere la più antica edizione pubblica di messe composte da un unico autore italiano. Jeppesen sottolinea che per la successiva pubblicazione di un volume di messe d’un unico autore italiano, si dovrà attendere il 1554 con le messe del Palestrina.

Nonostante la statura di questo compositore all’interno della sua epoca ad oggi sono estremamente rare delle sue esecuzioni ed incisioni; assenza che meriterebbe di essere colmata con un’accurata riscoperta musicale.

 

Pubblicata nel 1549, la Missa super “Italia mia” a cinque voci di Gaspare de Albertis si basa sull’omonimo madrigale di Verdelot, all’epoca assai noto, il cui testo è costituito dalla prima stanza della celebre canzone del Petrarca (Rerum vulgarium fragmenta, CXXVIII). Un’edizione moderna della messa è reperibile sul sito Imslp.

Il ritratto qui riprodotto è un olio su tela risalente al 1547. Attribuita al pittore Giuseppe Belli (Ponteranica, c. 1520 – Bergamo post 1580), l’opera è oggi conservata all’Accademia Carrara di Bergamo. L’effigiato Gaspare De Albertis tiene gli occhiali nella mano sinistra, mentre nella destra regge un foglio di musica con il suo nome; tra gli strumenti di lavoro, si riconoscono un pennino e un raschietto.

Scheda a cura di Mirko Zambelli e Marco Bizzarini

Ascolto - YouTube

Attualmente non si trova in rete nessuna incisione discografica di opere di Gasparo de Albertis. Si riporta pertanto il modello del madrigale di Philippe Verdelot su cui si basa l’intera Missa super Italia mia di Gasparo. L’esecuzione è affidata all’Ensemble Huelgas diretto da Paul van Nevel (nello stesso CD del 1992, è incluso anche l’Agnus Dei dalla Missa di Albertis, purtroppo non presente su YouTube).

Testo della composizione

Italia mia, benché ‘l parlar sia indarno
a le piaghe mortali
che nel bel corpo tuo sì spesse veggio,
piacemi almen che’ miei sospir sian quali
spera ‘l Tevero e l’Arno,
e ‘l Po, dove doglioso e grave or seggio.
Rettor del cielo, io cheggio
che la pietà che Ti condusse in terra
Ti volga al Tuo diletto almo paese.
Vedi, Segnor cortese,
di che lievi cagion che crudel guerra;
e i cor che ‘ndura e serra
Marte superbo e fero,
apri Tu, Padre, e ‘ntenerisci e snoda;
ivi fa che ‘l Tuo vero,
qual io mi sia, per la mia lingua s’oda.

(Francesco Petrarca)