Alessandro Grandi, uno dei compositori di maggior spicco del primo Seicento, nacque a Venezia nel 1590 da una famiglia di artigiani. Operò a Bergamo come maestro di cappella in Santa Maria Maggiore nell’ultimo periodo della sua vita, precocemente stroncata dalla pestilenza del 1630. All’età di soli quattordici anni, nel 1604, divenne “giovane di choro” nella cappella di San Marco a Venezia: è probabile che la sua formazione musicale si sia svolta sotto la guida di Giovanni Croce. Successivamente fu attivo tra Ferrara e Venezia assumendo ruoli sempre più prestigiosi come nel 1616 quello di maestro del Duomo Ferrarese. Nel 1620 venne nominato vicemaestro di cappella a San Marco e assistente di Claudio Monteverdi. L’attività veneziana si concluse nel 1627 quando ottenne l’incarico di dirigere l’attività musicale liturgica nella chiesa civica di S. Maria Maggiore a Bergamo. È un particolare marginale ma simpatico il fatto che sua notorietà nella città orobica portò alla variazione d’orario dei vespri per consentire a più fedeli di assistere all’esecuzione dei suoi lavori. La sua morte, come già ricordato, avvenne nel 1630 proprio nel territorio bergamasco a causa della violenta epidemia di peste bubbonica che sterminò anche tutta la sua numerosa famiglia. Durante la sua breve vita compose circa trecento opere, di genere sia sacro (sei libri di motetti, da due a otto voci), sia profano. In quest’ultimo ambito spiccano le prime composizioni nella storia della musica a essere intitolate “cantate”, brani che fondono la variazione
strofica della melodia su basso ostinato, combinando lo stile espressivo del
madrigale concertato e la forma dell’aria monodica.