Johann Simon Mayr (Mendorf, 1783 - Bergamo, 1845)

Johann Simon Mayr, maestro di Gaetano Donizetti, fu uno dei maggiori operisti tra l’ultimo decennio del Settecento e il primo dell’Ottocento. Tedesco di origini, nacque il 14 giugno 1763 a Mendorf (presso Ingolstadt) in Baviera e la sua prima educazione musicale derivò dal padre organista. Ebbe una formazione insolita per un musicista, in quanto rivolta anche a discipline letterarie e filosofiche: diventò così un dotto intellettuale come poi emerse dai suoi scritti e dalle sue abilità didattiche. Particolare non trascurabile fu la sua affiliazione all’Ordine degli illuminati, una società segreta analoga alla massoneria di ispirazione neoclassica, tramite la quale Mayr giunse poi in Italia proprio tra Bergamo e Venezia, probabilmente per consolidare la rete culturale delle pubblicazioni della società. La polizia di Venezia segnalò Mayr e i suoi compagni come persone sospette perché affiliate a una loggia proibita. Nel 1789 fu a Bergamo per studiare con Carlo Lenzi, compositore di scuola napoletana e maestro di cappella a S. Maria Maggiore. I primi lavori teatrali di Mayr risentirono dello stile napoletano che aveva in Cimarosa e Paisiello i maggiori esponenti. La sua carriera iniziò però a Venezia dove dal 1791 collaborò strettamente con l’ospedale dei Mendicanti e ivi, come era d’uso, compose oratori sacri in latino (tra cui Iacob a Labano fugiens) il cui successo gli assicurò contratti con La Fenice per la scrittura di opere e farse (Saffo, 1794; Un pazzo ne fa cento, 1796).

Grazie a queste commissioni Mayr divenne musicista di chiara fama in Italia e la cappella di S. Maria Maggiore di Bergamo lo incaricò di succedere a Lenzi nel 1804. Iniziò così per Mayr un incarico che mantenne per il resto della sua vita; una scelta significativa di attaccamento alla città lombarda perché in quell’epoca la
direzione di una cappella musicale era considerata una sorta di pensionamento dopo i meriti di una vita prevalentemente dedita al teatro. Questo però non rallentò affatto la produzione di Mayr in ambito teatrale, dato che continuò a comporre per i principali teatri italiani (L’amor coniugale, 1805; Medea in Corinto, 1813). Inoltre, il forte attaccamento affettivo e culturale alla realtà di Bergamo si riscontra dal
saldo rifiuto di numerosi incarichi prestigiosi che gli vennero offerti da importanti istituzioni musicali di Parigi, San Pietroburgo, Londra, Milano, Bologna e Roma.

La sua figura accrebbe la vita musicale e culturale di Bergamo avviando attività prestigiose: nel 1805 diede vita alle “Lezioni caritatevoli di musica”, una scuola destinata a ragazzi poco abbienti al fine di procurare loro un mezzo di
sostentamento prestando servizi musicali per la liturgia della basilica di S. Maria Maggiore ma anche per il teatro Sociale (attivo dal 1808) di cui Mayr stesso fu uno degli animatori. Tra i suoi allievi fu proprio il grande operista bergamasco Gaetano Donizetti, che fu debitore di Mayr per l’avvio culturale e musicale della sua illustre carriera. A Bergamo infine morì il 2 dicembre 1845 con esequie solenni e la sua memoria venne celebrata con la creazione nella basilica di un monumento realizzato da Innocenzo Fraccaroli; fra i sottoscrittori, anche Giuseppe Verdi.

Per ulteriori approfondimenti, si veda il Dizionario biografico degli Italiani.

Nel 1816 il Teatro San Carlo di Napoli subì un rovinoso incendio. I lavori di ricostruzione furono rapidi, tanto che il 12 gennaio 1817 si poté inaugurare la nuova sala disegnata dall’architetto neoclassico Antonio Niccolini. Per l’occasione fu chiesto a Giovanni Simone Mayr di musicare un “melodramma allegorico” su testo di Urbano Lampredi: Il sogno di Partenope. L’ouverture segue la tipica forma delle sinfonie teatrali alla Rossini, con un’introduzione lenta a cui segue un Allegro dai caratteristici effetti di crescendo. Lampredi, un letterato toscano attivo in terra napoletana al pari del Niccolini, non era un letterato di secondo piano nel panorama dell’epoca:
aveva tra l’altro partecipato al vivace dibattito sulle traduzioni omeriche prendendo le difese di Vincenzo Monti e opponendosi a Ugo Foscolo. Nella premessa al libretto si legge: “Nel comporre questo melodramma allegorico altro scopo non mi sono prefisso che quello di adombrare con personaggi mitologici la storia del funesto
accidente che nello scorso anno ridusse in cenere uno de’ più grandiosi teatri d’Europa e del suo felice ristabilimento. […] Ho mirato in secondo luogo a rendere, quanto poteasi, sensibile il brevissimo tempo impiegato per la ricostruzione di questa mole maravigliosa, secondo la volontà del munificentissimo monarca Ferdinando I, felicemente regnante, espressa in questi termini già divulgati: «Io voglio che l’imagine di un sì tristo avvenimento
sparisca dagli occhi del mio popolo come un sogno». Quindi mi sono prevaluto della virtù sonnifera di Mercurio, ond’egli sopisce Partenope nel mentre che passa l’allegorico personaggio che rappresenta il Tempo, e si presuppone rifabbricarsi il Teatro. Finalmente questo monumento ricomparisce a Partenope dopo il suo breve sogno nel giorno natalizio del suo Signore, il quale giorno sarà sempre per lei memorabile e sacro”.

L’opera di Mayr ebbe un testimone d’eccezione: il grande scrittore Stendhal. Queste le sue impressioni: “Finalmente il gran giorno: il San Carlo apre i battenti. Grande eccitazione, torrenti di folla, sala abbagliante. All’ingresso, scambi di pugni e spintoni. Avevo giurato di non arrabbiarmi, e ci son riuscito. Ma mi hanno strappato le falde dell’abito. Il posto in platea mi è costato 32 carlini (14 franchi) e 5 zecchini un decimo di palco di terz’ordine. La prima impressione è d’esser piovuti nel palazzo di un imperatore orientale. Gli occhi sono abbagliati, l’anima rapita. […] Non c’è nulla, in tutta Europa, che non dico si avvicini a questo teatro, ma ne dia la più pallida idea. Questa sala, ricostruita in trecento giorni, è come un colpo di Stato. Essa garantisce al re, meglio della legge più perfetta, il favore popolare”.

Nell’immagine sottostante si riproduce una tempera di Ferdinando Roberto del 1825, in cui appare la sala del San Carlo di Napoli con i colori originari azzurro e argento, come apparvero a Stendhal.

 

Scheda a cura di Marco Bizzarini
Segnalazione di Mirko Zambelli

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Si propone l’esecuzione discografica (2014) dell’Ouverture de Il sogno di Partenope di Mayr affidata al Simon Mayr Ensemble con la direzione di Franz Hauk.

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