Dedicato all’Annunziata, il Duomo di Salò fu ricostruito su un edificio ormai fatiscente, l’antica pieve di S. Maria Annunciata, tra il 1453 e il 1502, in forme tardo-gotiche, diviso a tre navate da colonne in pietra grigia, che sorreggono altissimi archi e volte ogivali. L’incarico dei lavori di rifacimento fu dato all’architetto Filippo delle Vacche da Caravaggio. Egli appartiene al periodo di transizione tra gotico e Rinascimento che segna tanti edifici lombardi. I lavori continuarono per diversi anni, piuttosto lentamente. La cupola fu terminata nel 1522, quando il modello a ombrello con spicchi separati da costoloni era ormai anacronistico. La chiesa rimase per molto tempo vuota, con unico oggetto d’arte il Crocifisso scolpito da Giovanni Teutonico (posto nel 1493) . Nel 1500 furono aggiunte dieci statue lignee nella cornice. Infine, tra il 1506 e il 1509 venne aggiunto il portale rinascimentale, di Gaspare da Coirano con il collaboratore Antonio della Porta.
Della fine del XVI sec. sono le decorazioni delle volte ogivali di Tommaso Sandrini. Nello stesso periodo vengono aperte anche le cappelle laterali: fu il Cardinale Carlo Borromeo nel 1580 a disporre la loro costruzione, nell’ottica dell’adeguamento delle chiese alle nuove esigenze dopo il Concilio di Trento. Gli affreschi nel catino dell’abside sono di Jacopo Palma il Giovane. Dopo il terremoto del 1901, furono trasferiti in Duomo i dipinti più importanti un tempo in S.Bernardino, altra chiesa salodiana, tra cui due opere del Romanino.
Nella chiesa è collocato un organo di interesse. Fu costruito nel 1548 da Giangiacomo Antegnati. Le grandi
tele collocate sulle ante furono opera di Antonio Vasillacchi detto l’Aliense nel 1603 (inizialmente erano state affidate ad un modesto pittore, Antonio Maria Mazzoleni, e riufiutate dal Comune) . Nelle pareti laterali si trovano anche le cantorie intagliate da Bartolomeo Otello nel 1547-48 per l’organo. Lo strumento fu collocato definitivamente nella posizione odierna solo nel 1581, e subì vari adattamenti nel tempo con l’aggiunta di nuovi registri . Nel 1865 fu rifatto dai fratelli Serassi.
Dobbiamo ringraziare il Comune di Salò con il suo antico archivio ben mantenuto nel tempo, se oggi possiamo ricostruire la vita della Cappella Musicale che accompagnò la storia del Duomo. Abbiamo un’abbondante documentazione a partire dal XVI secolo. Restano comunque in archivio, sotto forma di copertine di antichi catasti, documentazioni di musica anche di epoche precedenti.
La Cappella ebbe uno sviluppo interessante soprattutto tra i secoli XVI e XVIII. Prime testimonianze relative a cariche di Maestro di Cappella riguardano Agostino Bertolotti (Salò 1510-1583), zio di Gasparo, celeberrimo liutaio. Agostino operava in Duomo già dal 1558, secondo le documentazioni relative al suo impegno come cantore e violinista. Venne infatti, insieme al fratello, soprannominato “violino” . Fu maestro di cappella dal 1571 fino al 1581, quando l’incarico gli venne tolto per offrirlo al più quotato Orazio Vecchi. Bertolotti non digerì facilmente la retrocessione a cantore, e in seguito al crearsi di una fazione contraria al Vecchi da lui probabilmente capitanata, quest’ultimo infine risolse di andarsene a Modena, malgrado abbia formalmente mantenuto entrambi gli incarichi per qualche tempo. Nel frattempo Bertolotti morì nel 1583.
Musicista di fama, il modenese Vecchi (1550-1605) operò a Salò dal 1581 al 1584. Inizialmente assunto con uno stipendio modesto, ottenne presto un raddoppio. Vecchi fu un prolifico madrigalista ed ebbe relazioni con importanti autori della Scuola veneziana quali Claudio Merulo e Giovanni Gabrieli. A Salò abbiamo notizie di numerose e apprezzate esecuzioni musicali nella Settimana Santa del 1581. Pur essendo più conosciuto per opere profane (tra cui spicca la famosa commedia armonica Amfiparnaso), Vecchi si distinse anche nella sua scrittura sacra, caratterizzata da un robusto contrappunto e dall’utilizzo di stilemi derivanti dalla scuola veneziana. Nel periodo salodiano Vecchi scrisse alcune opere come il Libro primo (1581) e il Libro Secondo (1582) delle Canzonette a quattro voci, e il Primo libro de’ Madrigali a sei voci (1583), tutte opere pubblicate a Venezia dal Gardano.
Nel 1585 il cremonese Tiburzio Massaino (c. 1550, dopo il 1609), monaco agostiniano, subentrò a Vecchi nella guida della cappella. Di questo musicista sono note opere scritte in loco e pubblicate a Venezia: il Terzo libro de’ madrigali a 5 voci, e ancora Psalmi omnes ad vesperas cum 4 Magnificat 8 vocibus, nonché il Secundus liber missarum 5 vocibus, edite nel 1587. A questo musicista si deve il miglioramento artistico della cappella, ampliata sotto la sua guida con sette cantori fissi stipendiati. Ma già nel 1587 Massaino partì per Costantinopoli al seguito dell’ambasciatore Giovanni Moro, e non fece più ritorno sul Garda. In realtà aveva scelto un tal Teodoro da Mantova, anch’egli agostiniano, come suo successore.
Dopo un periodo affidato a musicisti poco noti, nel 1594 l’incarico fu assunto da un salodiano illustre, Vincenzo Neriti, già musico dell’imperatore Rodolfo II. Neriti lasciò un buon ricordo del proprio operato, pur mantenendo un basso profilo. Nel 1608 il Console chiese un concorso per la nomina di un nuovo maestro. Tra i concorrenti vinse il cremasco Orazio Scaletta (c. 1550 – 1630), maestro a Salò fino al 1611. A lui dobbiamo l’acquisto di buona parte delle musiche che dovettero man mano arricchire il repertorio del coro della Cappella. Tuttavia, un suo atteggiamento, ritenuto irresponsabile dalle autorità salodiane, causò disordini e il licenziamento di numerosi cantori e musici. Venne quindi allontanato e nello stesso dicembre 1611 si scelse come suo sostituto Lorenzo Valloni. In seguito al comportamento irrispettoso dello Scaletta, il gruppo degli Otto incaricati al Culto Divino decise di stendere un nuovo statuto della Cappella, volto a limitare il potere del maestro, chiarendone funzioni e limiti.
Nel 1622, mediante elezione, si nominò come nuovo maestro di cappella il cremonese Giulio Cesare Monteverdi (1573 – 1630), fratello di Claudio. Di lui in archivio restano interessanti documenti, come le lettere che descrivono le condizioni contrattuali con il Comune, o elenchi di opere a disposizione della Cappella. Morì a Salò, probabilmente a causa della famosa peste del 1630. Non è da escludere che sia stato contagiato poiché la sua abitazione sorgeva nei pressi dell’ospedale.
Il periodo successivo alla pestilenza fu difficile. L’incarico di mantenere decorosamente l’attività della cappella fu spesso affidato agli organisti, come Giovanni Battista Tonnolini. Non è in caso di dilungarsi qui su personaggi minori che si ritrovarono alla guida della Cappella. Ricordiamo tuttavia il lonatese Stefano Pasini (Lonato inizi XVII° sec. – Lonato dopo il 1679), detto Ghizzolo perché nipote del musicista Giovanni Ghizzolo. Divenne maestro di cappella del Duomo nel 1638, e tale rimase fino al 1653, parallelamente all’attività di organista a Lonato. Nonostante il lungo incarico e l’ammirazione dei salodiani, si dimise a causa di problemi con “nemici mal viventi” che l’avrebbero perseguitato. Rimangono di lui numerose opere sacre e profane, pubblicate a Venezia dal Gardano. Degne di nota le Sonate, prevalentemente per violino, ma anche organici con fiati.
In seguito ci furono varie difficoltà nel reperire maestri, e fu spesso data la reggenza a musicisti poco valenti. Nel 1671 si tentò con un colpo di mano di incaricare l’illustre compositore salodiano Carlo Pallavicino (c. 1625 circa – 1688) che in quel momento soggiornava a Salò ma che, in vista di altri impegni, inizialmente accettò. ma con riserva. Infatti ben presto venne richiamato alla corte di Giorgio III di Sassonia.
Nel Settecento Salò visse un periodo di floridezza economica, e di conseguenza divenne centro di cultura raffinata. Tra le altre attività, teatrali o legate alle varie Accademie, richiesta era anche la musica sacra. In tutte le chiese di Salò sono testimoniate celebrazioni accompagnate da musica. Non emergono tuttavia personalità rilevanti come maestro di cappella: o meglio, i materiali dell’archivio del Comune e dello stesso Duomo non sono particolarmente utili ad una ricostruzione storiografica completa.
Bibliografia: Paolo Guerrini, La cappella musicale del duomo di Salò, «Rivista musicale italiana» XIX (1922), pp. 81-112; Claudio Sartori, La cappella musicale del duomo di Salò, in Il lago di Garda – storia di una comunità lacuale», Atti del Congresso internazionale promosso dall’Ateneo di Salò, Salò, 1973, pp. 171 e sgg; Ugo Ravasio, Musica e musicisti a Salò nel primo secolo di vita dell’Accademia degli Unanimi (1564-1664), in Le Arti- Sul lago di Garda tra passato e futuro, a cura dell’Ateneo di Salò, Brescia, Liberedizioni, 2018, pp. 175 e sgg.