Antonio Bazzini (Brescia, 1818 – Milano, 1897)

Straordinario virtuoso del violino, Antonio Bazzini (Brescia, 11 marzo 1818 – Milano, 10 febbraio 1897) ebbe in gioventù l’incoraggiamento di Nicolò Paganini e gli elogi di Felix Mendelssohn Bartholdy. A proposito della sua arte Robert Schumann così scrisse: «Da anni nessun virtuoso mi ha dato una gioia così intima e momenti così piacevoli e felici, come Antonio Bazzini. Mi pare ch’egli sia conosciuto troppo poco, e anche qui non sia stato degnamente apprezzato nel grado ch’egli merita». Già allievo di Faustino Camisani, si perfezionò a Lipsia. Diede innumerevoli concerti in Germania, Danimarca, Polonia, Spagna e Francia. A partire dagli anni ’60 si dedicò completamente alla composizione. Dal 1873 insegnò al Conservatorio di Milano (di cui ricoprirà anche la carica di direttore) annoverando tra i suoi allievi Puccini e Catalani. Si cimentò anche nel teatro musicale con un unico lavoro, Turanda, sullo stesso soggetto successivamente trattato da Busoni e Puccini.

Per una biografia online del compositore si rimanda al Dizionario biografico degli italiani.

Per iniziativa di Giuseppe Verdi, alla morte di Gioachino Rossini prese forma l’idea di scrivere una Messa da requiem in onore del musicista pesarese scomparso. Si creò una commissione per elaborare il progetto: la messa avrebbe dovuto essere eseguita il 13 novembre 1869 nella basilica di San Petronio, a Bologna, esattamente un anno dopo la morte di Rossini. Le varie sezioni della Messa erano state affidate ai musicisti italiani più apprezzati: da Cagnoni a Pedrotti, da Boucheron a Mabellini, con il Libera me Domine composto da Verdi che lo utilizzerà in seguito nel suo Requiem. Ad Antonio Bazzini toccarono le prime due terzine del Dies irae. Ma poco prima dell’allestimento, per il diniego dell’impresario del Teatro Comunale di Bologna, Luigi Scalaberni, a concedere solisti, coro e orchestra, l’esecuzione non ebbe luogo. La partitura, pur completa in tutte le sue parti, giacque per lungo tempo nell’oblio. Ritrovata da David Rosen nel 1986, ebbe di seguito le sue prime esecuzioni che
rimangono comunque ancora rare.

Come lo stesso Bazzini rilevava con intelligenza in una lettera al duca di San Clemente (7 luglio 1869), senza aver mai esaminato le varie sezioni, l’opera non poteva certamente rivelarsi un lavoro stilisticamente unitario: «Se tutti i maestri saranno animati dallo spirito medesimo di conciliazione ed anco di abnegazione, forse qualche cosa che rassomigli ad una tal quale unità di concetto potrebbe venirne fuori… ma ne dubito assai… Io non ho mai approvato quell’idea di Verdi, ma non potei ricusarmi dall’incarico».

Pierluigi Petrobelli ritiene la Messa “opera composita, e insieme documento di una volontà comune”.

Il Dies irae (le prime due terzine della sequenza della messa funebre) è musicato da Bazzini con un coro poderoso e incalzante, accompagnato da un’orchestra grandiosa: il tutto pare preludere alla potenza del Dies irae nel Requiem verdiano. Il testo della Messa da Requiem – definito da Bazzini nella stessa lettera “magnifico” – portò poi il compositore a musicarlo per intero. Rimase solo un abbozzo di cui non si conosce la sorte.

Crediti per le immagini: Archivio Ricordi, Biblioteca Queriniana di Brescia.

Scheda a cura di Mariella Sala

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Prager Philharmonischer Chor, Radio-Sinfonieorchester Stuttgart, direttore Helmuth Rilling (CD Hänssler Classik, 1989).

Testo della composizione

Dies irae, dies illa,
Solvet seclum in favilla,
Teste David cum Sibylla.

Quantus tremor est futurus,
Quando judex est venturus,
Cuncta stricte discussurus.

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