Composta nel 1888, questa Fuga a quattro voci si basa su un soggetto che Arrigo Boito, dedicatario dell’opera, suggerì all’autore: consiste nella traduzione in note musicali della frase “Fede a Bach”, musicista che Bossi ammirava come eccelso organista, contro una mentalità diffusa dell’epoca che tendeva a riporlo tra i musicisti passati,
ormai meno influenti. La composizione venne premiata al concorso indetto dal periodico “Musica Sacra” nel
1888.
Marco Enrico Bossi nacque a Salò il 25 aprile 1861, figlio e nipote di organisti. I primi insegnamenti furono paterni, in seguito studiò al Liceo musicale di Bologna, per poi passare al Conservatorio di Milano. Studiò pianoforte, organo con Polibio Fumagalli, composizione con Amilcare Ponchielli. Nel vivace ambiente milanese si fece notare come pianista e per le sue prime composizioni. Conseguì il diploma di pianoforte nel 1879, ed iniziò a viaggiare in Europa avendo la possibilità di suonare organi di grande valore a Londra e Parigi. Tornato in Italia decise di non diplomarsi in organo poiché lo strumento limitato che avrebbe dovuto utilizzare non lo valorizzava, dopo ciò che aveva praticato all’estero. Nel 1881 si diplomò invece in composizione, vincendo un premio con l’opera Pachita.
Nel 1881 divenne organista del Duomo di Como, e vi lavorò per dieci anni, approfondendo la sua visione di rinnovamento organistico. Il suo ideale non si fermava al servizio liturgico, ma spaziava in campo concertistico attraverso una nuova tecnica virtuosistica, anche rinnovando la tradizione improvvisativa tipicamente italiana. Sue opere, come la prima Suite op. 54, lo fecero conoscere all’estero, e Bossi riuscì ad iniziare un’attività di carattere internazionale, esportando con successo la musica d’organo italiana.
Vinse nel 1888 un concorso con la sua Fuga op. 62, e ottenne di far restaurare e ingrandire l’organo del Duomo di Como (un Bernasconi), ammirato da Puccini, Catalani e Boito, presenti al suo concerto d’inaugurazione. Dal 1890 insegnò al Conservatorio di Napoli, scontrandosi con pregiudizi che facevano ignorare lo studio di Bach. Rimase a Napoli fino al 1895, anni di feconda produzione. Nel 1897 fu pubblicato un Metodo teorico-pratico per lo studio dell’organo, in collaborazione con Tebaldini, al quale si deve il rinnovamento dei programmi di studio nei conservatori, e una nuova visione dell’organista colto e laico, non solo liturgico. Nel 1893 tentò di vincere la cattedra di composizione al Conservatorio di Milano, senza ottenerla. Insegnò quindi a Venezia, direttore del Liceo Musicale “Benedetto Marcello”, e docente di organo. Vi lavorò fino al 1902, riuscendo a migliorare l’offerta formativa del liceo e ottenendo l’acquisto del palazzo Pisani come sede. Dal 1902 al 1911 fu direttore del Liceo Musicale di Bologna, fece costruire l’organo ora nella “Sala Bossi” . Nel frattempo le sue opere anche sinfonico-corali venivano eseguite in tutta Europa, soprattutto in Germania. La sua fama giunse anche in America.
Dal 1911 si ritirò dall’insegnamento. Durante la Prima guerra mondiale, problemi economici lo spinsero a collaborare con il Liceo musicale “S.Cecilia” di Roma. Nel 1924 si recò a New York e Philadelphia per concerti, ma morì durante il viaggio di ritorno in Italia, il 20 febbraio 1925.
Per ulteriori dettagli biografici si rinvia al Dizionario biografico degli Italiani.
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La fuga “Fede a Bach” di Bossi è eseguita dall’organista Arturo Sacchetti.