Compositore sia di musica sacra che profana, Merula fu un rappresentante della Seconda pratica, ovvero di quel cambio di orientamento musicale, di cui fui testimone Monteverdi, e che portò il significato della parola a rivestire un’importanza centrale.
Dal Curtio Precipitato et altri Capricij composti in diversi modi vaghi e legiadri a voce sola del 1638 è
esemplificativa la Canzonetta spirituale sopra la nanna che utilizza due soli accordi del basso continuo con una stasi ipnotica che, seppur basata su tradizioni musicali popolari, sembra avvicinarsi all’avanguardia di certi esempi musicali del Novecento. Il basso monotono e cullante sostiene una linea melodica dinamica ed elegiaca, la voce della Madonna che profetizza il destino del proprio figlio mentre lo addormenta. La dolcezza del rapporto madre e figlio nella tenerezza del presente si alterna all’angoscia del tormento futuro sulla croce: un susseguirsi di “affetti” musicali contrapposti che trova serenità nel finale del brano con il subentrare del riposo e con l’accenno salvifico al Paradiso.
Busseto, luogo celebre per aver dato i natali di Giuseppe Verdi, vanta anche la nascita dell’importante compositore secentesco Tarquinio Merula, avvenuta nel 1595, periodo in cui la città apparteneva alla diocesi di Cremona e ciò potrebbe spiegare la qualifica di cremonese con cui il musicista compare nei documenti e nei frontespizi delle sue opere. Orfano di padre in tenera età, Merula si trasferì proprio a Cremona e fu affidato al fratellastro Pellegrino, dotto chierico che lo avviò allo studio della musica e alla pratica organistica. La sua carriera iniziò quindi come organista della chiesa di S. Bartolomeo dei padri carmelitani a Cremona, dove operò per molti anni. Importante evento della sua vita fu il trasferimento in Polonia nel 1624 in qualità di musico da camera del principe ereditario Ladislao e organista di chiesa e camera del re Sigismondo III. Il legame di Merula con la città di Bergamo si stabilì invece nel 1631 quando fu nominato maestro di Cappella della Basilica di Santa Maria Maggiore in sostituzione del defunto Alessandro Grandi. Tale carica venne occupata fino al 1640, sia pur con qualche intervallo dettato da motivi di discordia con la gestione stipendiale del Consiglio della Misericordia. Di quest’anni il Secondo libro delle canzoni op. IX contiene fra i titoli La Benaglia, La Caleppa e La Corsina che si riferiscono a tre presidenti del Consorzio della Misericordia Maggiore e a Marc’Antonio Benaglia, cancelliere della Misericordia. Allo stesso modo il Secondo libro di madrigali e altre musiche concertate op. X riporta una dedica indirizzata al governatore di Bergamo Cosimo Borbone; da ciò si apprende che Merula diresse anche l’Accademia di musica del dedicatario. L’allontanamento dalla città di Bergamo sopraggiunse definitivamente nel 1646 quando il compositore fece ritorno a Cremona ove restò per il resto della vita ricoprendo l’incarico di maestro di Cappella delle Laudi e ricevendo onori, oltre alla nomina di cavaliere dello Speron d’oro. Morì il 1665 e fu seppellito presso l’altare del Ss. Crocefisso nella chiesa di S. Lucia dei padri somaschi.
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Il soprano Lea Desandre e l’Ensemble Jupiter eseguono la Canzonetta sopra la nanna di Merula (esecuzione live del 30 marzo 2019).
Testo della composizione
Or ch’è tempo di dormire,
dormi, figlio, e non vagire
perché tempo ancor verrà
che vagir bisognerà.
Deh ben mio, deh cor mio,
fa la ninna, ninna na,
chiudi quei lumi divini
come fan gl’altri bambini
perché tosto oscuro velo
priverà di lume il cielo.
Deh ben mio, deh cor mio,
fa la ninna, ninna na,
over prendi questo latte
da le mie mamelle intatte
perché ministro crudele
prepara aceto e fiele.
Deh ben mio, deh cor mio,
fa la ninna, ninna na,
amor mio, sia questo petto
or per te morbido letto
pria che rendi ad alta voce
l’alma al Padre sulla croce.
Deh ben mio, deh cor mio,
fa la ninna, ninna na,
Posa or queste membra belle
vezzosette e tenerelle
perché poi ferri e catene
gli daran acerbe pene.
Queste mani e questi piedi
ch’or con gusto e gaudi vedi;
ahimè, come in vari modi
passeran acuti chiodi.
Questa faccia graziosa
rubiconda più di rosa,
sputi e schiaffi sporcheranno
con tormento e grand’affanno.
Ah, con quanto tuo dolore,
sola speme del mio core,
questo capo e questi crini
passeran acuti spini.
Ah, che in questo divin petto
amor mio dolce diletto,
vi farà piaga mortale empia
lancia e disleale.
Dormi dunque, figlio mio,
dormi pur redentor mio,
perché poi con lieto viso
ci vedremo in paradiso.
Or che dorme la mia vita,
del mio cor gioia compita,
taccia ognun con puro zelo,
taccian sin la terra e il cielo.
E fratanto, io che farò?
Ne starò col capo chino
finché dorme il mio bambino.