Secondo la tradizione popolare la Basilica di Santa Maria Maggiore fu edificata per ottemperare a un voto fatto alla Madonna nel 1133 dai bergamaschi perché proteggesse Bergamo dalla peste che si stava abbattendo sul nord Italia. La storia, probabilmente, s’intreccia con la leggenda: tuttavia la Basilica, da quella data, si erge nel cuore di Città Alta, incardinata tra piazza Vecchia e piazza Rosate nella parte più antica della Bergamo storica, circondata dalle mura venete. La sua centralità urbanistica e religiosa è confermata da due circostanze: la prima è che l’edificio risulta privo di una facciata nel senso tradizionale ma ne può addirittura vantare due se si considerano infatti la parete del lato sud (il portale dei leoni bianchi) e la parete del lato nord (il portale dei leoni rossi).
La storia della chiesa e del suo sviluppo architettonico e artistico è riccamente documentata da atti conservati negli archivi della Fondazione MIA, l’Opera Pia Misericordia Maggiore che venne fondata a Bergamo nel 1265 e che si occupò anche di foraggiare i musici lì operanti.
La prima menzione di un insegnante di musica nella Basilica di Santa Maria Maggiore è risalente al 29 settembre 1480 con riferimento a un certo chierico Giovanni e dal primo nucleo di cantori guidati dal magister si formò e perfezionò poi la vera e propria cappella musicale che continuò per secoli, e continua tuttora, la sua attività. Nel 1483 iniziò questa scuola di canto fermo e figurato iniziò sempre più a fiorire e in quell’anno divenne magister il celebre Franchino Gaffurio. Le diverse evoluzioni della musica vi si rifletterono e la scuola poté annoverare maestri come Gaspare De Albertis che fu uno dei primi compositori a importare a Bergamo l’uso di cori spezzati, specialmente all’interno della Passione Christi, intrecciando anche musicalmente lo stile sacro veneto con quello bergamasco.
Nel XVI secolo si susseguirono Pietro Ponzio che come maestro di cappella ampliò l’organico vocale fino a quindici cantori, un organista e un trombonista, componendo numerosi messe polifoniche. Seguirono nel Seicento maestri di cappella che donarono alla basilica un’indubbia risonanza culturale come Giovanni Cavaccio, Alessandro Grandi, Tarquinio Merula, Giovanni Legrenzi: la loro copiosa produzione di musica sacra mostra esempi degli stili praticati nel Seicento, da mottetti e salmi concertati per poche voci, anche in forma di “dialogo”; mottetti concertati con un maggior numero di voci, anche a doppio coro per voci e ripieni, con e senza strumenti; messe e salmi policorali nello stile veneziano. I musicisti che operarono nella cappella potevano essere laici o ecclesiastici, autoctoni o forestieri, stabili oppure temporanei, cioè esecutori aggiunti all’organico fisso in occasione di festività solenni durante le quali il repertorio eseguito in chiesa necessitava di un arricchimento vocale e strumentale. Queste pratiche fecero assumere a Bergamo un grande decoro e prestigio e assecondarono apporti sempre più significativi alla vita musicale del tempo, tanto che il critico Cristoforo Scotti al riguardo scrive: «Ai quattro periodi dell’arte musicale moderna fanno immediato riscontro quattro grandi riforme della nostra Cappella musicale: La prima che alle innovazioni dell’organo in conseguenza della nuova musica figurata, corrisponde il collocamento in Basilica del nuovo organo nel 1402. La seconda che alla creazione del contrappunto, corrisponde l’istituzione di una Scuola verso la metà del secolo XV per l’insegnamento del nuovo genere di musica. La terza che alla grande riforma palestriniana, corrisponde la riforma della nostra Scuola, che è resa stabile e collegiata nel 1566. Infine, all’apparire della musica orchestrale verso la fine del secolo XVII, corrisponde l’impianto dell’insegnamento orchestrale nella nostra Scuola».
Avvenimento considerevole fu poi il 1805 quando il bavarese Giovanni Simone Mayr propose agli amministratori della basilica la creazione di un Conservatorio, denominato all’epoca “Lezioni caritatevoli di musica”. Col favore e il sostegno economico della MIA la scuola offrì la frequenza gratuita ai fanciulli di estrazione sociale povera, tra i quali fu anche Gaetano Donizetti, cui oggi s’intitola l’Istituto Musicale di Bergamo. Tra gli illustri che operarono nella Basilica occorre fare cenno ad un altro noto operista, il cremonese Amilcare Ponchielli, che inizialmente riluttante, fu convinto ad accettare il ruolo di responsabile della cappella grazie a una serie di deroghe contrattuali che gli permettessero di seguire la sua attività operistica. In servizio dal 1882 Ponchielli compose alcune partiture sacre di ampio respiro: una Messa per il Natale, un Miserere per la Pasqua e infine, le Lamentazioni di Geremia nel 1885, rimaste incompiute alla morte. In queste partiture Ponchielli seppe coniugare la larga cantabilità dell’aria d’opera con una ricca presenza corale, la scrittura severa di tradizione ecclesiastica con spunti derivati dal melodramma. Nel ‘900 l’attività della cappella musicale venne sospesa durante il periodo fascista e la Seconda Guerra Mondiale e ad oggi la cantoria è formata da 13 cantori professionisti (8 titolari e 5 supplenti). Tale formazione cura il servizio musicale liturgico tutte le domeniche e festività dell’anno configurandosi di volta in volta in vari organici, quartetto misto, femminile, maschile, ottetto, ecc. secondo il repertorio da eseguire.
Infine all’interno della basilica sono conservati il monumento funebre dedicato a Giovanni Simone Mayr realizzato nel 1852 da Innocenzo Fraccaroli e il monumento funebre dedicato a Gaetano Donizetti, scolpito nel 1855 da Vincenzo Vela. In entrambe le sculture compaiono figure angeliche a sottolineare la connessione tra lo spirituale e l’arte in un intreccio tanto misterioso quanto sacro, che sa emozionare collocato all’interno di un luogo che nella storia ha conservato e promosso cultura in tutto il territorio.