Gli affreschi del Romanino collocati a fianco dello storico organo del Duomo Vecchio di Brescia sono riemersi solo negli ultimi anni, durante i lavori di restauro della cassa d’organo avviati nel 2017. L’inattesa riscoperta si deve a Paolo Mariani.
Nel XVII secolo Bernardino Faino (1597-1673) così descrisse le ante d’organo e questi affreschi del Romanino: “Il Coro di detta Chiesa è molto grande di fabricha et molto anticha ma assai belo. Vi è pure in detto Coro un organo grandissimo ma è maraviglioso sì per la belezza comanche per la bontà di quello; fatto per mano del Antignate Bresciano. Le ante di questo sono dipinte in olio sì di dentro come di fuori di mano di Girolamo Romanino pur Bresciano, coloritura morbida et pastosa che à imitato Titiano, nelli quadri di dentro vi è dipinto la Visitazione di una Dona et la Natività di quella al di fuori à rapresentato lo Sposalizio di detta B. V., Con quantità di figure, et. nella faciata dove è apeso l’organo molte figure fatte dal sodetto à frescho che achompagnano la detta istoria”. Catalogo delle chiese di Brescia (Manoscritti Queriniani E.VII.6 ed E.I.10), a cura di Camillo Boselli, «Supplemento ai commentari dell’Ateneo di Brescia» per il 1961.
Negli affreschi si ammira una grande scena musicale, con la funzione di affiancare ai due lati lo Sposalizio della Vergine raffigurato dal Romanino nelle sue ante d’organo chiuse. Alla sinistra e alla destra dello strumento realizzato da Gian Giacomo Antegnati campeggiano figure di musici che evocano l’idea dei festeggiamenti nuziali: stanno suonando strumenti a percussione (foto n. 1) e a fiato, tra cui un magnifico cornetto rinascimentale (foto n. 3). Si tratta di una scena più ideale e simbolica che realistica. L’assenza di strumenti a corde negli affreschi sembra infatti sottolineare l’intento di assimilare questa virtuale «musica per gli occhi» con i suoni effettivamente prodotti dall’Antegnati nella complementare disposizione ad ante aperte. È chiaro che alla fine degli anni ’30 del Cinquecento si pensò di realizzare sulla parete dell’organo un apparato decorativo sottilmente meditato. Lo conferma il fatto che Romanino, autore sia delle ante d’organo sia degli affreschi circostanti, come argomenta la studiosa Barbara Maria Savy dell’Università di Padova, riprodusse nelle pitture parietali, con sorprendente realismo, le stesse colonne girevoli poste ai lati delle canne, su cui erano in origine montate le portelle dipinte. Oggi queste colonne, dopo gli interventi ottocenteschi, appaiono di colore chiaro, ma nel Cinquecento si presentavano diversamente e gli affreschi ritrovati costituiscono anche da questo punto di vista un’importante testimonianza.
I due astanti (foto n. 2) della parete di sinistra potrebbero raffigurare Gian Giacomo Antegnati e Giovanni Piantavigna, autori rispettivamente dell’organo e della cassa d’organo. Nell’astante della parete di destra (foto n. 4) si può invece ipotizzare un autoritratto dello stesso Romanino. La foto n. 5 documenta la fase di descialbo.
Fotografie di Giuseppe Spataro.